Il latte evoca il primo nutrimento delle nostre vite, il dono della madre al bambino, il legame più forte che possa esservi. Un alimento fondamentale e ricco, tanto sul piano simbolico quanto su quello delle sostanze nutritive, che promette pace e abbondanza, come nella definizione biblica della “terra del latte e del miele” o nella venerazione indù per le vacche sacre, donatrici di latte.
Puro, candido, elementare: il latte ha tutto per essere accostato alla massima semplicità, all’innocenza primigenia e alla nostalgia della sua perdita. Come spesso accade, questo valore è ben rappresentato dal mito greco, con la vicenda di Eracle che, avvicinato con l’inganno da Zeus al seno di Era, viene da questa respinto e il suo latte, spruzzato nel cielo, dà origine alla via Lattea: il termine galassia, infatti, deriva dal greco γάλα (gàla) che significa, per l’appunto, latte; come dire che questo nutrimento dei primi mesi di vita è talmente fecondo da rappresentare l’infinita ricchezza della volta celeste, la vitalità primordiale dell’universo.
Questa fecondità multiforme non appartiene certo solo al mito o all’universo dei simboli. La ritroviamo, infatti, nella straordinaria varietà dei diversi formaggi che, partendo da pochissimi ingredienti sempre uguali (latte, caglio e sale), assumono forme, sapori, colori, profumi e consistenze quanto mai variabili. Qui la differenza sta tutta nella lavorazione, nel tempo e nel clima, oltre che nella qualità delle materie prime: sembra quasi incredibile che lo stesso ingrediente principale sia alla base di prelibatezze così diverse come lo stracchino, il parmigiano, il gorgonzola e la mozzarella, solo per citare i primi esempi che vengono alla mente. Fatto forse ancor più straordinario, la stagionatura cambia in profondità lo stesso formaggio che, con il passare dei mesi, diventa più solido, compatto, saporito, odoroso, passando da una dolce morbidezza a una durezza piccante.
Questo perché il latte si evolve, si trasforma, in una parola vive: il processo della proteolisi, vale a dire della lenta rottura delle molecole proteiche, accompagnato alla perdita di liquido, è ciò che permette ai formaggi di avere una così straordinaria vitalità, di far passare il tempo evolvendosi invece di andare a male. In altre parole, il dono vitale del latte si dimostra nella sua capacità di attuare uno dei processi fondamentali della vita, ossia di invecchiare.
Che il tempo sia uno degli ingredienti fondamentali di un buon formaggio è la lezione che si ricava da questo straordinario caciocavallo podolico: la stagionatura gli conferisce un’anima decisa, prepotente, persino aggressiva. La consistenza resta soda, elastica, quasi morbida, il colore è sempre chiaro, e anche da qui se ne vede la grande qualità: il caciocavallo è un formaggio che tende un po’ a “sudare”, a seccarsi e ingiallirsi, se non è di ottima qualità, prodotto con il latte migliore e la massima cura e stagionato in ambienti perfetti. In bocca, invece, si sprigionano sapori e profumi inattesi, con una nota piccante che non copre le altre note ma le esalta.
Nel piatto ha una certa prepotenza: può stare alla fine di una serie di assaggi, ma pochi formaggi possono venire dopo di lui. Semmai, lo si può accostare a dei salumi ricchi e morbidi di consistenza e di sapore, come questo strolghino, la cui dolcezza è capace di stemperare le esuberanze del caciocavallo. Oppure, lo si può grattugiare, a buchi grossi, per portare a un altro livello una zuppa d’orzo o un sugo, per dare una spinta in più all’impasto delle polpette, per osare una variante della parmigiana di melanzane. In tutti i casi, attraverso le meraviglie degli accostamenti e delle variazioni, si può star certi di fare affidamento sulla sua burbera generosità.