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Il cibo diventa tessuto: le fibre naturali, tra innovazione ed ecologia

Sempre di più si fanno strada tendenze che coniugano l’impegno ambientale ed ecologico con l’ispirazione artistica e la praticità. Questo riguarda anche (e soprattutto) il settore dei tessuti che inizia a far emergere sul mercato fibre ottenute da alimenti o scarti alimentari.
Molto richieste sia dal settore dell’abbigliamento che da quello dell’arredo, queste nuove fibre sono estremamente innovative.
I vantaggi sono molti e sorprendenti: questi tessuti non sono minimamente tossici, risultano antibatterici e adatti a chi soffre di allergie, non rilasciano sostanze dannose nell’ambiente, favoriscono l’isolamento acustico e termico, durano a lungo e sono completamente biodegradabili. Alcune inoltre provengono, oltre che dalle piante, anche da frutta, verdura e altri cibi.

  • Industrie e spreco alimentare: i problemi da cui partire

L’industria tessile è uno tra i settori a oggi più inquinanti. Con il tempo si è imposto un nuovo modello più attento ai danni ambientali e alle materie prime, pensato per contrastare il cosiddetto “fast-fashion” che produce costantemente capi estremamente economici ma al costo altissimo dello sfruttamento di risorse e persone. Un altro problema del tutto diverso, ma che rientra nello stesso campo della sostenibilità, è quello che ha a che fare con gli sprechi alimentari. Ogni anno, si è calcolato che circa un terzo del cibo che si produce viene sprecato, rendendo vano l’uso di energie, acqua, terra e risorse umane impiegati per realizzarlo.
Prendendo le mosse da questi due problemi, molti ricercatori e personalità nel campo tessile hanno provato una via poco battuta: ricavare fibre tessili biodegradabili dagli scarti alimentari.

  • Le fibre “alimentari”: alcune tra le più sorprendenti

– Ortica

Dalla famosa erba selvatica spontanea, con le sue celebri proprietà urticanti e il sapore deciso, viene ricavata una fibra cava che è in grado di respingere l’umidità e dalle qualità traspiranti. La fibra di ortica è termoisolante e calda, non provoca allergia o sudorazione eccessiva mantenendo il corpo asciutto.
È in grado di schermare dai raggi ultravioletti e dai campi elettromagnetici. La pelle resta idratata perché nel tessuto permangono tracce degli oli essenziali antibatterici e antiparassitari della pianta di origine e, grazie alla granulosità del filo, la cute viene come micro-massaggiata favorendo la circolazione.
Molto resistente anche ai cattivi odori, è usata non solo per i vestiti ma anche per creare tovaglie, canovacci, lenzuola.

– Cocco

Questa fibra vegetale è molto indicata soprattutto per la creazione di tappeti, tende, stuoie e tessuti rigidi da arredo.
Il cocco viene ricavato dall’essiccazione della buccia della noce di mallo, che viene poi frantumata. Con un complesso processo di filatura, dà vita a tessuti d’arredo ottimi per chi soffre di asma e di allergie. Intrappola infatti l’umidità della stanza, che è una delle cause dell’accumulo di micro-muffe e di proliferazione di batteri.

– Banana

Il ciclo di crescita della pianta di banano non ha bisogno dell’intervento di pesticidi o di sostanze antiparassitarie chimiche, che potrebbero intaccarne la naturalezza. Dopo aver raccolto i frutti, la pianta viene recisa e dalle foglie e dal fusto vengono ricavati, tramite macchine decortatrici, dei tessuti leggeri e sottili. Anche la buccia polposa delle banane può essere trattata e usata a questo scopo.
Questi tessuti sono impiegati per vestiti e morbidi kimono, nonché abiti altamente traspiranti. Spesso unendo le fibre ottenute dal banano con quelle di cotone è possibile creare della biancheria intima di eccellenza, estremamente antibatterica.

– Ananas

Con un processo di macerazione si ottiene una fibra tessile molto leggera dai rifiuti biodegradabili della pianta e del frutto di ananas.
Soprattutto dagli scarti di ananas si possono ricavare scarpe e borse che imitano il cuoio e i tessuti animali senza però ricorrere a plastica e pelle. Un vantaggio ulteriore di questi accessori è che sono anallergici, molto morbidi, flessibili e traspiranti, tanto che le scarpe sono molto indicate per attività sportive dove la sudorazione può essere eccessiva.

  • Altri cibi, altri tessuti!

L’elenco dei cibi usati per creare fibre multiuso è esorbitante e alcuni tra i protagonisti sono davvero curiosi.
Si va dai semi di lino che, combinati con l’amido di mais, danno vita a un tessuto forte e duraturo, alla soia, detta anche “cashmere vegetale” per la sua morbidezza. C’è la birra che, fermentata, crea un tessuto molto simile al cotone per delicatezza e la fibra di caffè, molto usata per capi sportivi vista la sua proprietà assorbente.
Anche i crostacei vengono impiegati grazie al guscio solido del granchio che è completamente biodegradabile e resistente e, sempre per restare in ambito marino, pure le alghe sono un ottimo materiale di partenza che mantiene alte proprietà antinfiammatorie anche quando diventa un vestito e, infine, il pesce unito ad altre proteine animali crea una fibra resistente ai raggi UV (e assolutamente inodore!). Anche una start-up siciliana produce tessuti dagli scarti delle bucce di arance post spremitura.

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