La moda influenza profondamente le nostre vite. Riesce a farlo perché agisce su un terreno che, per quanto possa sembrare frivolo e secondario, è in realtà decisivo per la nostra percezione di noi stessi e per il modo in cui viviamo le nostre vite: quello delle cose che ci danno piacere. Noi umani, in tutte le culture e a tutte le latitudini, abbiamo infatti sviluppato una raffinatissima sensibilità ai piaceri, che ricerchiamo in ogni circostanza. Il tessuto primario della nostra memoria, quindi della nostra stessa identità, è formato dai piaceri fondamentali, dal gusto della marmellata fatta dalla nonna, ai primi giocattoli, alla memoria di quella splendida giornata nella prima vacanza al mare, che inseguiamo ogni volta che andiamo in spiaggia: si crea, così, un intreccio di esperienze sensoriali e rapporti affettivi che produce quel nucleo di ricordi profondi a cui siamo fortemente legati.
È su questo tessuto profondamente personale, si potrebbe dire intimo, che si ricamano i disegni dei gusti comuni, delle preferenze condivise, della moda. Proprio perché abbiamo un profondo bisogno di condividere, di socializzare, di imparare, siamo pronti ad acquisire nuovi gusti, a percorrere nuove strade, a innestare altri piaceri su quelli con cui siamo cresciuti. Ecco, quindi, che alcune cose si affermano per un certo periodo e poi vengono dimenticate o, magari, riesumate proprio perché legate a quel dato momento, cariche di un nuovo significato che è, appunto, quello della memoria, in questo caso collettivo. Succede così per l’abbigliamento e le acconciature, ma anche per il design, le automobili, i luoghi di vacanza, l’arredamento, la musica e persino l’arte.
Ovviamente, funziona così anche per i sapori: se qualche anno fa era, almeno in certe zone d’Italia, quasi inevitabile imbattersi in rucola e pomodorini pachino in qualsiasi menù, oggi trovarli nella carta di un ristorante suscita un’impressione di tale ingenuità demodé da far quasi tenerezza. Se nei primi anni Novanta tempura e sashimi facevano furore, oggi sono quasi scomparsi e, semmai, si cercano ceviche e arepas. Accanto alle mode, più meno passeggere, ci sono gli evergreen, i grandi classici: parmigiano, mozzarella e prosciutto, per esempio, sono sulle nostre tavole praticamente da sempre e ci resteranno per tutto il prevedibile futuro.
Poi ci sono quei gusti che hanno sempre, per ognuno di noi, una storia particolare. Sapori inconfondibili, con una loro personalità decisa, spesso collocati agli estremi delle rispettive scale: dolci molto carichi, liquori forti, formaggi estremamente “profumati”, condimenti speziati. Quando si incontrano nel piatto, si affermano sempre e, inevitabilmente, ravvivano le emozioni e i ricordi che associamo a sensazioni così intense.
Un esempio è lo zabaione: non si può certo dire che passi inosservato, tra la dolcezza dello zucchero, la ricchezza dell’uovo e il calore avvolgente del Marsala. A questa presenza così marcata nel gusto, ne corrisponde una altrettanto forte nell’immaginario: la sua fama rivitalizzante e persino afrodisiaca riporta a nonne che viziano i nipotini con il piacere un po’ proibito del dolce che contiene un po’ di vino liquoroso, a pranzi di nozze in campagna con le facezie di rito agli sposini, fino agli scenari un po’ boccacceschi di tanta commedia minore italiana. Lo zabaione ha una ricchezza invernale, un’opulenza eccessiva da fine pasto in cui si abbandonano tutte le riserve e gli scrupoli di linea, tanto che al suo gusto delizioso si abbina sempre un certo senso, se non di licenziosità, per lo meno di autoindulgenza.
Ma proprio perché i classici non finiscono mai di stupire e di farsi reinventare, ecco un inedito zabaione all’arancia, che riscrive tutto quello che si è appena detto. La sapiente aggiunta di succo d’arancia rinfresca, alleggerisce ed esalta gli altri sapori, aprendo un ventaglio di profumi che, inaspettatamente, ci porta verso suggestioni ben diverse. Resta ovviamente tutto il gusto del peccato di gola, ma ecco che, versato su un gelato, usato come guarnizione di una torta o abbinato a una tavoletta di cioccolato fondente, la sua natura cambia profondamente: ricchezza e freschezza, profumo e corpo, sostanza e aroma convivono in perfetto equilibrio e il piacere del dolce casalingo per eccellenza si trova, perfettamente a suo agio, in una splendida veste da gourmet. Il miracolo della cucina è tutto qui: fantasia e misurata spregiudicatezza.